sabato 6 luglio 2019

IPERCONNESSIONE A INTERNET: LA DIPENDENZA TECNOLOGICA CHE COLPISCE LE NUOVE GENERAZIONI

ARTICOLO DI EUGENIO FLAJANI GALLI ESTRATTO DA ANANKE NEWS.


Le odierne generazioni, si sa, sono molto affezionate alla tecnologia che le circonda, così tanto da arrivare a esserne perfino dipendenti. La nuova dipendenza dalla rete, facilmente accessibile su qualsiasi device, ha assunto la denominazione di IAD (internet addiction disorders). Sono in pochi a conoscerla nello specifico, ed è un vero peccato, perchè soprattutto i genitori, ma anche gli altri familiari, gli educatori, i docenti e più in generale chiunque ha contatti stretti con la smart generation non può esserne all’oscuro. Un recente studio, condotto su un campione italiano di 8000 partecipanti tra i 14 e i 19 anni, può chiarire meglio le idee, anche perchè di studi italiani ed aventi un campione così copioso non se ne trovano in tanti...ora lo presento più nel dettaglio, commentandolo come ho fatto nel mio ultimo convegno ove ho affrontato questa tematica.

Il 98% della popolazione avente un’età compresa tra i 14 e i 19 anni possiede uno smartphone a partire dai 10 anni e oltre 3 su 10 lo usano a partire da 1 anno e mezzo/2.

Che il 98% possieda uno smartphone non stupisce chi conosce le nuove generazioni, ma forse sono in pochi ad essere a conoscenza del fatto che circa un terzo di essi già lo utilizzi a partire da un’età in cui l’essere a contatto con uno strumento quale lo smartphone è assolutamente prematuro. Lo scopo principale di un telefono è appunto quello di rimanere o entrare in contatto con altre persone nel momento in cui la barriera rappresentata dalla distanza fisica ne pregiudica (o ne rende meno appetibile) il contatto diretto. Ovviamente però un bambino che ha 2 anni o anche meno non possiede una vita sociale tale da aver bisogno di un cellulare per poter contattare altre persone, nè tantomeno esce da solo di casa rendendo dunque necessario il possesso del telefonino; per quanto riguarda invece la navigazione su internet che lo smartphone mette a disposizione dell’utente, è chiaro che tale attività conoscitiva esula dalle necessità epistemologiche di un bimbo di questa età, a maggior ragione poichè ciò di cui avrebbe bisogno di scoprire e conoscere già lo può ben scoprire e conoscere osservando ed esplorando la realtà che lo circonda: non c’è dunque alcun bisogno di far conoscenza di ciò che la realtà online ha da offire, oltretutto in quanto così facendo si troverebbe a conoscere meglio la rete della realtà offline in cui passa la sua esistenza (un vero e proprio paradosso per un 2.0 new born!). Più che altro i genitori rei di mettere lo smartphone nelle mani di un bambino così piccolo forse non capiscono che in tal modo favoriscono una vera e propria dipendenza, poichè il bimbo messo a contatto con uno strumento tecnologico potente quanto lo smartphone sin dai primi anni di vita cresce arrivando ad assimilare il telefono come una parte di sè, come qualcosa che deve avere sempre con sè e da cui non può mai separarsi, ovvero ne è dipendente così come un tossicodipendente lo è per la droga, un alcolizzato per l’alcool, un giocatore d’azzardo per il gioco...ecco poi perchè ci sono tanti bambini i quali reagiscono con colossali capricci allorchè li si priva del cellulare! Un’argomentazione spesso utilizzata dai genitori che propugnano l’uso dello smartphone da parte di bimbi poco più che lattanti è che “in questo modo imparano prima e meglio l’utilizzo di uno strumento tanto importante quanto è lo smartphone”, ma in realtà la ragione che li spinge ad abituare i figli a giocherellare con il telefono − scrivo giocherellare perchè a quell’età non è concepibile che il bambino lo utilizzi per chissà quali altre ragioni − non è la “socializzazione alla tecnologia” per fini didascalici, di modo che un giorno possano riuscire meglio nel loro utilizzo, bensì la mera finalità di intrattenimento che assimila il nobile smartphone ad una mera tata o ad un consolante ciuccio. Effettivamente anche bimbi più grandi, i quali frequentano la scuola elementare o quella media inferiore, sono perfettamente in grado di imparare ad utilizzare uno smartphone anche se non l’hanno avuto nelle mani fin da quando erano in fasce; d’altra parte ci riescono anche gli adulti ad imparare ad utilizzarlo, figuriamoci i bambini! Dunque non serve nascondersi dietro a un dito: è palese che i genitori che mettono in atto il “metodo smartphone” lo fanno per una loro comodità personale, ad esempio per tenere impegnato il bambino nei momenti in cui la sua presenza può risultare scomoda oppure per calmarlo allorchè si appresta a fare dei capricci (ma come abbiamo visto, se poi si osa toglierglielo di mano i capricci aumentano in maniera esponenziale).

Circa 5 su 10 impiegano lo smartphone dalle 3 alle 6 ore extrascolastiche, il 16% dalle 7 alle 10 ore e il 10% oltre le 10 (ma il 63% lo utilizza anche a scuola durante le lezioni).

Il bambino che cresce con lo smartphone, una volta arrivato a scuola, ovviamente non cambia le sue abitudini così radicate in sè solo per il semplice fatto che si trova fuori casa. E la scuola attuale, di per sè, non è il luogo più accattivante per la generazione 2.0: si parla molto poco di tecnologia, lo smartphone e gli altri devices che permettono un collegamento alla rete sono visti più come dei nemici da abbattere che come degli strumenti da scoprire e capire. Pensiamo ad esempio a tutte quelle circolari − sovente ignorate dai discenti stessi − che i dirigenti di istituto continuano a stilare per scoraggiare l’accesso alla scuola ai device teconologici per mano degli studenti, oppure anche alle scarse conoscenza in materia di tecnologia da parte di larga parte del corpo docente, che pertanto non è in grado di istruire la classe sul corretto uso della tecnologia di cui ogni famiglia dispone. Di tale situazione sono complici anche i programmi scolastici, che un ministero dell’Istruzione (fin troppo) ancorato al passato si esime dall’aggiornare e che dunque non lascia spazio alla conoscenza scolastica della tecnologia odierna. La stessa tecnologia in compagnia della quale i più giovani passano ore ed ore, tant’è che a 1 su 10 non bastano 10 ore in compagnia dello smartphone davanti agli occhi, una latenza temporale effettivamente eccessiva, che priva di altre attività più importanti (prima tra tutte lo studio, dato che tra l’altro − passando anche tanto tempo a scuola davanti al telefono − lo studente dovrebbe recuperare tale tempo perso una volta rientrato in casa) e che estranea dalla realtà e fa correre tanti rischi, anche molto gravi. Basti pensare al cyberbullismo, la pedofilia online, le condotte pericolose oggetto di emulazione...tutte cose che appunto a scuola non vengono insegnate. E se non se ne parla non si fa altro che arrivare, anche se indirettamente, a favorirle. Peccato che benchè siano tematiche molto più importanti per i minori (oltretutto ne va della loro incolumità) rispetto a tante altre che si affrontano a scuola, ovvero quelle che concernono i piani di studio, in classe se ne senta parlare solo di rado. La scuola renderebbe alla società un’incomparabile opera meritoria se educasse gli studenti al corretto e sano uso della tecnologia.

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