domenica 30 agosto 2020

GLI ITALIANI E LA "CORONAESTATE"

 

ARTICOLO DI EUGENIO FLAJANI GALLI ESTRATTO DA CERTA STAMPAANANKE NEWS.

É stata un’estate che ci ricorderemo per sempre. Un’estate strana, diversa, molto più spartana e malinconica rispetto alle precedenti. Un’estate che ci ricorda la caducità della vita, il nostro essere “come d’autunno sugli alberi le foglie”, nonostante non ci sia alcuna guerra in atto. Infatti c’è di peggio: una pandemia. Un’emergenza sanitaria scatenata da una forma di vita così elementare − un virus − che per molti ricercatori non può nemmeno essere considerata una forma di vita vera e propria, poichè i virus non sono neanche in grado di riprodursi autonomamente. Eppure siamo di fronte a qualcosa che esula dalle norme umane: se ad esempio una guerra si può prevedere, iniziare e terminare come si vuole (poichè appunto dipende dalle norme umane), una pandemia non si può nè prevedere, nè può cominciare e terminare quando si vuole. E a riguardo la storia ci insegna che le epidemie possono essere anche peggio delle guerre, poichè tante volte le seconde sono finite proprio a causa delle prime. Dunque oggi siamo tutti sotto scacco di un virus nato in Cina che, per effetto della iperglobalizzazione, ha dato vita a una pandemia. Chi si illudeva che dopo essere stati a casa per un paio di mesi a colorare arcobaleni e appendere striscioni si avrebbe avuto un’estate normale, di una rasserenante e scontata normalità come tutte le altre, si illudeva. Ma già è stato tanto che siamo potuti uscire di casa senza autocertificazione e senza troppi vincoli, che le attività commerciali hanno potuto riaprire (ma ovviamente solo quelle che si sono salvate dagli effetti disastrosi che la pandemia ha avuto sull’economia), che qualche manifestazione e qualche evento ben riuscito ci sono stati, ma se già a fine agosto è risalita la curva dei contagi, ciò dimostra che l’estate è stata vissuta con (fin) troppa leggerezza, così tanto plasmata da un’insofferenza e un edonismo tipici della società attuale, che cerca di farci vivere tutti come bambinoni viziati a cui tutto è dovuto. Perchè dire di no a una passeggiata serale sulle strade strapiene del corso, gomito a gomito, se fuori fa fresco? Perchè dire di no a una bella rimpatriata con amici e parenti su una tavolata strapiena mentre si cerca di stringersi ancora di più per entrare tutti nel selfie di rito? Perchè dire di no ai weekend passati − da giugno fino a metà agosto − in discoteche strapiene, con prezzi inflazionati (ma con ospiti dal cachet inferiore rispetto agli altri anni), tanto per bere cocktail annacquati a caro prezzo o per apparire “fighi” laddove si prenda il tavolo e dunque si buttino centinaia e centinaia di euro per bottiglie di Grey Goose, Moët & Chandon, Veuve Clicquot, Dom Pérignon a prezzi anche quintuplicati rispetto al loro reale valore? La società dei bambinoni viziati, a cui tutto è concesso, a cui tutto è dovuto e nessun divieto può essere imposto, nella stagione più edonistica dell’anno, non può certo farsi fermare da un evento come la pandemia, tant’è che in giro se n’è vista sempre tanta di gente, anche troppa. Gente che è uscita per il semplice gusto di uscire, non per chissà cosa. In un’estate con pochi eventi in circolazione, le occasioni per uscire e per alleggerire il portafoglio sono state limitate, monotone, ripetitive, ma allo stesso modo gettonatissime. Routine di uscita tipiche sono state il format “cena + caffettino o liquorino al bar + gelatino o yogurtino tanto per concludere in grande la seratona” o “aperitivo o pizzetta in centro + giro per i mercatini + sosta al luna park al fine di placare le lagnanze dei pargoli”. Non che sia vietato uscire e, obiettivamente, è assurdo poter pensare che dopo mesi di lockdown si possa passare anche l’estate dentro casa, ma ha senso la necessità di uscire sempre e comunque, ogni pomeriggio, ogni sera, e dover necessariamente incontrare tutti i parenti, tutti gli amici, tutti i colleghi, eccetera, eccetera, come se fosse un anno pari a quelli passati? Per poi fare cosa, nello specifico? Godere dell’attenzione e della compagnia di altre persone con cui poter chiacchierare del più e del meno, di cose di attualità come...il coronavirus? Un virus di cui sicuramente si parlerà ancora a lungo se permane tanta gente che crea assembramenti per ragioni futili, senza considerare che gli eventi − anche di qualità e con artisti di livello − ci sono anche stati questa estate, pure in Abruzzo. Eventi a cui si accedeva previa prenotazione e registrazione e con posti distanziati. Dunque l’alternativa allo stare dentro casa c’è stata eccome, ma il governo non ha fatto i conti con la massa di persone − in particolar modo giovanissimi − i quali, annoiati da mesi e mesi di nullafacenza a causa anche della chiusura delle scuole, hanno deciso di uscire ogni sera a creare assembramenti a ogni ora e in ogni luogo: locali, spiagge, parchi, strade, piazze...persino in acqua. Verrebbe da chiedersi se questa ricerca ossessiva del gruppo possa dipendere da un’assenza di valore a livello individuale, che pertanto porta i teenagers di oggi a dover stare sempre in gruppo al fine di valere di più per una semplice somma aritmetica di presenze. Ma, in tutto ciò, il governo cosa ha fatto a riguardo? É stato a guardare. Ha tollerato assembramenti in ogni dove affidandosi al puro e semplice senso civico di persone che, sia per ragioni di età, sia per ragioni di mancata istruzione (dato che è da marzo che le scuole sono chiuse), questo senso civico non l’hanno ancora acquisito. I luoghi più prototipici ove si può assistere ad assembramenti di giovani − le discoteche − sono state chiuse solo dopo Ferragosto, dunque agli sgoccioli della stagione estiva. Praticamente, con il maltempo che si è verificato questa estate a giugno e luglio, si può dire che il meteo abbia fatto saltare più serate in discoteca di quante ne abbia fatte saltare il governo! E il sindacato delle discoteche − SILB-Fipe − invece di ringraziare la divina provvidenza per aver potuto fare serate per quasi tutta l’estate, ha preso questa chiusura forzata di meno di un mese come un accanimento nei confronti di una corporazione, sfociando nel solito vittimismo di facciata. Ma forse hanno anche ragione i gestori delle discoteche a sostenere che il governo non le conosce bene: infatti il governo delle Baleari − che al contrario le conosce benissimo dato che lì risiedono le discoteche più famose al mondo − ha proprio deciso che le discoteche non dovessero aprire questa estate, poichè è ragionevolmente impossibile poter pretendere il rispetto di regole da gente che va a fare serata tanto per ubriacarsi, drogarsi e poi mettersi alla guida in questo stato (ovviamente non tutti, ma buona parte sì), ovvero è assurdo poter pensare che persone che già assumono comportamenti così pericolosi per la salute e l’incolumità propria e degli altri possano poi preoccuparsi del coronavirus, che oltretutto è molto meno pericoloso dell’abuso di sostanze psicotrope e di tutte le condotte che ne conseguono. E le discoteche di Ibiza come hanno reagito? Nel modo opposto rispetto alle ben meno note “cugine” italiane: prendendo tale norma come un provvedimento pesante ma necessario, e che pertanto va accettato. Ad esempio l’Ushuaïa, una tra le discoteche più famose al mondo, nel comunicato con cui faceva presente la chiusura per questa stagione, ha sottolineato il fatto che fosse una decisione drastica ma allo stesso tempo necessaria, poichè era l’unica ragionevolmente possibile. In Italia invece cosa è successo? Qualsiasi locale ha potuto organizzare qualsiasi serata possibile e immaginabile, con inevitabile rischio di assembramenti e conseguente impennata di contagi, che ora stanno tornando a superare il migliaio al dì. E le famiglie dove sono? Sanno cosa fanno i loro figli? Ma più che altro, i genitori di oggi magari per evitare di avere sensi di colpa − tendono spesso a giustificare i figli con discorsi del genere “sono ragazzi, è ovvio che si vogliono divertire”, “siamo stati tutti giovani una volta”.... E sicuramente siamo tutti stati giovani una volta, ma le generazioni precedenti non erano così. Almeno erano generazioni che un minimo di responsabilità l’avevano, dei sogni li avevano. Non vivevano nel “qui ed ora” delle storie e degli stati che dopo un giorno svaniscono effimeramente, non vivevano schiavi dei mass media e di sedicenti influencer, non vivevano con l’idea che l’apparenza fosse tutto. Un giovane di un’altra generazione (ad esempio, in linea di massima, vissuto negli anni ’70, così come negli anni ’80, ’90 e ’00) si sarebbe forse pure messo a rischio per poter uscire e partecipare a qualche evento a cui veramente tiene, ad esempio il concerto della sua vita del suo gruppo preferito...ma invece i giovani di oggi per quale motivo escono? Per quale motivo si mettono a rischio? Cosa c’è nell’altro piatto della bilancia? Il nulla, il nulla più assoluto. E non potrebbe essere altrimenti, poichè questa estate ha visto la cancellazione delle performance di quasi tutti gli artisti di fama internazionale che si sarebbero dovuti esibire nelle nostre città (Billie Eilish a Milano, i Red Hot Chili Peppers a Firenze, Kendrick Lamar a Roma, Lana Del Rey a Verona...); ciononostante i grandi eventi sono stati rimpiazzati da uscite balorde i cui fatti di cronaca recente ne sono la prova: giovani che si ubriacano, si drogano, fanno schiamazzi e assembramenti ovunque, causano risse, atti vandalici e via dicendo. In tutto ciò sorge spontanea una domanda: come sarebbe stata questa estate senza coronavirus? Sicuramente meglio, ma sarebbe stata, appunto, la solita estate come tante, con quella solita normalità e la solita spensieratezza di tanto in tanto interrotta da qualche problema, ma di sicuro inferiore rispetto a quello della pandemia. Ma si può pretendere che la normalità duri per sempre e vada avanti così ogni anno? Gli imprevisti rientrano in quella che è la vita e, se si vuole vivere, si devono anche accettare.

lunedì 3 agosto 2020

A GIULIANOVA ARTE E CULTURA IN RISPOSTA AL COVID

ARTICOLO ESTRATTO DA ABRUZZO NEWSABRUZZO WEBABRUZZO LIVEANANKE NEWSEKUOINFORMAZIONE.ITWALL NEWS 24ABRUZZO POPOLARETM NOTIZIETG ROSETO, RADIO AZZURRA, ABRUZZO EVENTSTUTTIGLIEVENTI.ITEXPONOIEVENTINAGENDA.ITARTERAKUNOTIZIE LAMPOVIAGGIATOREWEBVIVERTEMPO.IT, NONCHÈ DAL PORTALE TURISTICO E DAL SITO ISTITUZIONALE DEL COMUNE DI GIULIANOVA.

Giulianova - Appuntamento venerdì 31 alle 21.00 con la musica e la scienza per contrastare le problematiche COVID relate: nell’incantevole e suggestiva cornice di piazza Buozzi nel cuore del quattrocentesco centro storico giuliese si svolgerà infatti “Salute con la Musica”, un convegno medico-psicologico e un concerto live nello stesso evento e nella stessa location. Organizzato dal Rotary Club Teramo Est e con il patrocinio istituzionale del Comune di Giulianova, “Salute con la Musica” è uno degli eventi di maggior spessore culturale che compongono il cartellone di manifestazioni estive “Giulia Eventi estate 2020”. Si tratterà infatti dei risvolti medici e psicologici conseguenti alla diffusione del virus COVID-19 e agli effetti che la pandemia ha avuto sulle nostre vite e sulla routine quotidiana di ognuno di noi. “Durante il convegno” afferma il dottor Eugenio Flajani Galli, psicologo e scrittore giuliese tra i relatori del convegno − “vi sarà anche un interessante excursus sulle conseguenze, inerenti il rapporto con la tecnologia e il digitale, che attraverso la pandemia e il conseguente lockdown hanno interessato una larghissima fascia di popolazione, in particolar modo in età scolare, che rischia ora di sviluppare una vera e propria dipendenza da internet, poichè la riduzione delle varie attività quotidiane praticabili, a cui si è assistito soprattutto durante il lockdown, ha spinto miliardi di persone in tutto il mondo a trovare rifugio nella realtà virtuale e in particolar modo nei social network. Venerdì vedremo dunque quali sono le conseguenze dell’isolamento sociale e come poter acquisire adeguati strumenti teorico-pratici che consentano di poterle contrastare”.

Nella seconda parte della manifestazione verrà poi dato spazio alla musica live e sullo sfondo del duomo di S. Flaviano si esibirà la H Band, gruppo musicale abruzzese composto da professionisti del settore sanitario, nonchè anche musicisti, che si esibiranno fino a tarda serata in un esclusivo concerto dalle sonorità jazz-fusion e soul, sposandosi perfettamente con l’intima e pittoresca cornice di piazza Buozzi. La H Band, capitanata dal dott. Ugo Minuti − cardiochirurgo presidente del Rotary Club Teramo Est, pianista e lead-singer della H Band − include nella formazione anche Roberto Berrettoni (medico anestesista) alla chitarra, Edoardo Puglielli (radiologo interventista) al basso e Patrizio Ciampichetti (operatore socio sanitario) alla batteria, i quali ripercorreranno i brani più famosi dei maggiori gruppi e musicisti jazz-fusion degli ultimi trent’anni, insieme a brani di musica leggera d’autore italiana. La serata, ad ingresso totalmente gratuito in entrambe le parti, sarà condotta da Manuela Cermignani.


IL MITO (E IL PARADOSSO) DEL CORPO PERFETTO NELLA SOCIETÀ DELL'APPARENZA

ARTICOLO DI EUGENIO FLAJANI GALLI ESTRATTO DA ANANKE NEWS.

Superficiale, eccessiva, edonista, alienante e perfezionista. Non vi sono aggettivi migliori per poter sintetizzare la società in cui viviamo oggi. Una società in cui l’influenza sociale esercitata dall’alto (dunque in primis dai mass media) la fa da padrona. E che ci spinge a conformarci a un ideale di perfezione largamente incentrato sull’apparenza. Apparire (in senso positivo) vuol dire in primo luogo fornire un’immagine di sè socialmente accettabile. Un’immagine che però è fortemente incentrata sull’esteriorità e la superficialità. Ecco perchè l’aspetto fisico riveste un ruolo fondamentale nel farsi apprezzare esteriormente, ed ecco dunque spiegato il boom di settori economici quali la chirurgia estetica, le palestre, gli integratori alimentari, i centri estetici, eccetera. Questi settori hanno d’altra parte anche alimentato − principalmente attraverso ripetuti e martellanti messaggi pubblicitari − la creazione della necessità psicologica di dover avere un corpo perfetto, praticamente come quello di attori, attrici, modelli e modelle, atleti e quant’altre professioni in cui è richiesta una particolare cura all’aspetto fisico. Ma ovviamente in tali casi si tratta di persone che proprio a causa del mestiere che svolgono necessitano di avere un fisico quanto più possibile “perfetto”, cosa che però la società e i media non comunicano, e invece tendono maggiormente a generalizzare il concetto di “perfezione corporea” facendo dunque intendere che avere un corpo perfetto è un dictat a cui deve sottostare qualsiasi individuo. D’altra parte non è solo la pubblicità veicolante il messaggio diretto che si deve avere un corpo perfetto a comunicare tale cosa, ma anche quella che comunica tale concetto indirettamente, ad esempio tutte quelle pubblicità in cui la bellezza corporea è utilizzata come strumento al fine di sponsorizzare qualche altro prodotto, come quel tale profumo, bagno schiuma, rasoio, crema solare, vestitino e qualsiasi altro oggetto risalti meglio se affiancato a un fisico attraente. Pensiamo ad esempio ai tanti spot che nella stagione estiva riempiono gli schermi dei nostri device e che si soffermano sulle creme solari: una crema di tale tipo deve essere valida di sè e per sè, dunque non c’è differenza se viene spalmata su un corpo “in forma”, piuttosto che su uno “fuori forma”, però ovviamente siccome è più attraente un corpo del primo tipo, allora nella pubblicità le creme solari sono esclusivamente spalmate su tale tipo di fisico. In tal modo, l’influenza mediatica si fa indiretta, poichè sebbene l’obiettivo di quella tale pubblicità sia di far acquistare la tal crema del momento, si ha comunque l’effetto secondario di influenzare il giudizio altrui anche sull’aspetto della fisicità, benchè tale tipo di influenza esuli dagli intenti (economici) dello spot pubblicitario. Ora che siamo in estate e si esibisce di più il proprio corpo sia dal vivo sia attraverso i social, la (falsa) necessità di dover avere un corpo perfetto si fa ancora più pressante, portando con sè delle vere e proprie calamità sociali quali i disturbi alimentari e il giudicare il prossimo più per il suo corpo che per la sua mente. Ma i problemi non finiscono qui: solo per citarne alcuni, ve ne sono in particolar modo alcuni di ordine superiore (dunque che interessano la sfera del ragionamento critico), quali gli errori di giudizio. Tale tipo di errore nasce proprio dal paradosso che la perfezione è una chimera, ma allo stesso tempo la società odierna obbliga a doverla raggiungere. Ciò non può portare ad altro se non al dismorfismo corporeo, una vera e propria psicopatologia consistente nel considerare il proprio corpo diverso da come è veramente e a pretenderlo quindi uguale a un dato modello. Le conseguenze di tale squilibrio si fanno sentire in importanti e plurimi ambiti della vita, quali quello economico (se si va dal chirurgo estetico, se si comprano integratori, eccetera, allora è ovvio che il portafoglio si alleggerisca), fisico (gli interventi chirurgici possono avere conseguenze negative per il proprio corpo, così come gli integratori e l’allenamento eccessivo) e psichico. In particolare, relativamente a quest’ultimo ambito, occorre notare come oggi molta gente soffra di veri e propri stati disforici − ovvero stati emotivi negativi − in risposta alla mancanza di possesso del corpo perfetto così tanto sognato e idealizzato. Tali stati emotivi possono anche evolversi in stati psicopatologici gravi quali la depressione (si è giù di morale poichè non si possiede il fisico sperato), l’ansia (si è ansiosi di volerlo acquisire il prima possibile, oppure di raggiungere il prima possibile i risultati connessi al suo possesso, quali l’avere più follower e like sui social, più offerte di lavoro, più approvazione sociale, più match su tinder...), la fobia sociale (si evita il contatto sociale per non sentirsi inadeguati: ad esempio si potrebbe scegliere di non andare al mare proprio al fine di evitare di mostrare un corpo ritenuto non all’altezza dei canoni di bellezza imposti dalla società), fino ad arrivare ai disturbi alimentari. Comunque sia, alcuni di questi problemi − siano essi economici, fisici, psichici o di altro tipo − sono effettivamente notati da chi ne soffre, e benchè il poterli risolvere (soprattutto da soli e senza un aiuto professionale) sia tutt’altro che facile, già un ottimo punto di partenza è quello di prenderne atto. Ad esempio, io ho provato a fare delle domande del tipo “A quali problemi pensi di poter andare incontro esagerando con la palestra?” a persone a rischio di sviluppare tali patologie, quali ad esempio i body builder − intesi comunque come individui aventi un rapporto anomalo con l’allenamento, ovvero che si allenano praticamente tutti i giorni, che alzano carichi eccessivi, che assumono steroidi anabolizzanti e così via − allora gli stessi mi hanno fatto notare il fatto che la palestra leva tempo ad altre attività importanti (ad esempio uno di loro mi ha confidato di fare body building principalmente per poter piacere di più alle donne e poter dunque “acchiappare” di più, benchè però la palestra stessa gli togliesse moltissimo tempo che invece potrebbe dedicare proprio a conoscere altre ragazze e ad uscire con loro), oppure che la palestra costa (a riguardo, un body builder professionista, che aveva partecipato anche a competizioni nazionali, mi ha detto che con tutti i soldi che aveva speso per il body building ci avrebbe potuto acquistare anche più di un appartamento fronte mare), oppure ancora che è stancante e che l’allenamento può causare anche infortuni...per poi arrivare a considerazioni che non mi sarei aspettato mai di sentire, sebbene allo stesso modo giuste e sensate: ad esempio un body builder ambientalista mi fece notare che siccome le palestre − soprattutto nelle realtà provinciali − sono ubicate piuttosto in periferia (e quelle più centrali sono generalmente piccolissime e poco idonee a un allenamento completo e variato) e non essendo ovviamente le periferie ben servite dai mezzi pubblici, allora ne consegue che sia necessario servirsi dell’auto o della moto per potercisi recare, con relativo inquinamento ambientale causato dall’utilizzo di tali mezzi di trasporto, unito poi al costo economico del carburante; un mio amico, invece, mi raccontò che la sala attrezzi era responsabile di avergli fatto saltare la festa di addio al celibato di un suo amico a Budapest, poichè siccome l’aria condizionata era impostata per tenere i locali a una temperatura non superiore ai 24° − mentre fuori ve ne facevano 32 − allora in pratica prese l’influenza e dovette di conseguenza rinunziare al viaggio; infine un mio paziente mi fece notare che non rinnovò il suo abbonamento − nè tantomeno quello della sua compagna − alla palestra ove prima si recavano poichè la stessa si era paradossalmente trasformata in ciò che io poi notai essere l’occasione che permetteva ai problemi di coppia repressi di emergere allo scoperto: nello specifico, egli aveva sviluppato una gelosia inerente la possibilità che la compagna trovasse gli altri avventori della sala attrezzi più attraenti di lui, mentre lei − allo stesso modo molto gelosa − faceva pesare il fatto che egli ripetutamente guardasse le ragazze in pants o comunque con la tuta ben attillata, e che le guardasse particolarmente bene proprio allorchè le stesse erano impegnate nell’allenamento dei glutei, con l’aggravante che tale sguardo non fosse un normale sguardo di interessamento, ma fosse invece uno sguardo “da maniaco”, che sottendeva pertanto un interesse di tipo fisico di gran lunga maggiore rispetto a quello che egli stesso provava alla sua vista allorchè entrambi erano impegnati nell’attività sessuale di coppia. Insomma, abbiamo visto che gli effetti collaterali dell’allenamento vi sono e che spesso risultano perfino inimmaginabili. Anche perchè, benchè sia chiaro che l’allenamento eccessivo possa essere esiziale per il proprio fisico, non è sempre ben chiaro quali siano i precisi effetti collaterali che ne conseguono: ad esempio una recente ricerca ha dimostrato come lo sviluppo di una massa muscolare eccessiva, conseguente al body building (eccessivo), abbia come spiacevole risultato la diminuzione della quantità di sperma. Ciò è interpretabile alla luce del fatto che l’ipertrofia muscolare interferisce a livello endocrino con il rilascio degli ormoni sessuali (tra cui il testosterone), che sono invece fondamentali ai fini della corretta spermatogenesi. D’altra parte, dal momento che il nostro corpo è lo stesso dei nostri lontani antenati delle caverne, è plausibile che l’organismo − che appunto è abituato alla vita delle caverne e non a quella attuale − interpreti l’elevato sforzo fisico e la conseguente ipertrofia come attività relate o prodromiche ad altre quali il combattimento o la caccia, e pertanto la spermatogenesi venga parzialmente inibita ai fini della maggiore richiesta di costruzione di una massa fisica potenzialmente utile per lo svolgimento delle attività viste poc’anzi. D’altronde per quale motivo ci sarebbe bisogno di spermatozoi in un periodo in cui invece le priorità sono ben altre? Naturalmente l’organismo non concepisce che l’aumento della massa muscolare serve per un fine del tutto diverso, e cioè quello estetico. Ma l’organismo − inteso come sistema mente-corpo − non può essere ignorato a favore di quello che non è altro che l’ennesimo capriccio che la società però ci presenta come necessità. L’organismo a un certo punto non ce la fa più: collassa e solo allora ci chiede il conto. Un conto ben salato. Forse al desiderio vano di avere un corpo perfetto bisognerebbe anteporre la necessità di possedere il ben più semplice, razionale, buon senso.